Danni da emotrasfusioni – Responsabilità del Ministero- Obbligo di controllo e vigilanza- Fondamenti normativi (Cass.8495/20)
Le Sezioni Unite hanno posto in rilievo che gli obblighi del Ministero di prevenzione, programmazione, vigilanza e controllo deriva da una pluralita’ di fonti normative.
Possono al riguardo in particolare indicarsi:
– la L. n. 296 del 1958, articolo 1, che attribuisce al Ministero il compito di provvedere alla tutela della salute pubblica, di sovrintendere ai servizi sanitari svolti dalle amministrazioni autonome dello Stato e dagli enti pubblici, provvedendo anche al relativo coordinamento, nonche’ ad emanare, per la tutela della salute pubblica, istruzioni obbligatorie per tutte le amministrazioni pubbliche che provvedono a servizi sanitari;
– la L. n. 592 del 1967, articolo 1, che attribuisce al Ministero le direttive tecniche per l’organizzazione, il funzionamento ed il coordinamento dei servizi inerenti la raccolta, la preparazione, la conservazione, la distribuzione del sangue umano per uso trasfusionale, nonche’ la preparazione dei suoi derivati, e per l’esercizio della relativa vigilanza;
– la L. n. 592 del 1967, articolo 20, che attribuisce al Ministero il compito di proporre l’emanazione di norme relative all’organizzazione, al funzionamento dei servizi trasfusionali, alla accolta, alla conservazione e all’impiego dei derivati, alla determinazione dei requisiti e dei controlli cui debbono essere sottoposti;
– la L. n. 592 del 1967, articolo 21, che attribuisce al Ministero il compito di autorizzare l’importazione e l’esportazione di sangue umano e dei suoi derivati per uso terapeutico;
– la L. n. 592 del 1967, articolo 22, che attribuisce al Ministero il potere di autorizzare l’autorita’ sanitaria a disporre la chiusura del centro, del laboratorio o dell’officina autorizzati;
– il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1256 del 1971 (recante regolamento di attuazione della L. n. 592 del 1967), contenente norme concernenti i poteri di controllo e vigilanza in materia del Ministero, e contemplante (articolo 44) l’obbligo di controllare se il donatore di sangue sia affetto da epatite virale, vietando in tal caso la trasfusione (cfr. Cass., 20/4/2000, n. 9315);
– il Decreto Ministeriale Sanita’ 7 febbraio 1972, contenente norme regolanti l’attivita’ del Centro nazionale per la trasfusione del sangue, nonche’ la previsione che il Ministero della sanita’ sia costantemente informato delle attivita’ del Centro;
– il Decreto Ministeriale Sanita’ 15 settembre 1972, disciplinante l’importazione e l’esportazione del sangue e dei suoi derivati, contemplante l’autorizzazione ministeriale (almeno nel caso di provenienza da Paesi nei quali non vi sia una normativa idonea a garantire la sussistenza dei requisiti minimi di sicurezza) agli ospedali ed ai centri gestori per la produzione di emoderivati ed alle officine farmaceutiche che, all’esito di accertamento dell’Istituto superiore di sanita’, siano risultati idonei ad eseguire i controlli sui prodotti importati;
– la L. n. 519 del 1973, attribuente all’Istituto superiore di sanita’ compiti attivi a tutela della salute pubblica;
– la L. 23 dicembre 1978, n. 833, che ha istituito il Servizio sanitario Nazionale conservando al Ministero della Sanita’, oltre al ruolo primario nella programmazione del piano sanitario nazionale con compiti di indirizzo e coordinamento delle attivita’ amministrative regionali delegate in materia sanitaria, importanti funzioni in materia di produzione, sperimentazione e commercio dei prodotti farmaceutici e degli emoderivati (articolo 6, lettera B, c), confermando articolo 4, n. 6,) che la raccolta, il frazionamento e la distribuzione del sangue umano costituiscono materia di interesse nazionale;
– il Decreto Legge n. 443 del 1987, che ha introdotto la c.d. farmacosorveglianza dei medicinali da parte del Ministero della Sanita’, a quest’ultimo attribuendo il potere di stabilire le modalita’ di esecuzione del monitoraggio sui farmaci a rischio, e di emettere provvedimenti cautelari relativamente ai prodotti in commercio;
– la L. n. 107 del 1990, attribuente all’Istituto superiore di sanita’ il compito di provvedere alla prevenzione delle malattie trasmissibili, di ispezionare e controllare le aziende di produzione di emoderivati e le specialita’ farmaceutiche emoderivate, nonche’ di vigilare sulla qualita’ dei plasma derivati prodotti in centri individuati ed autorizzati dal ministero (articolo 10); e che assegna al Ministero della sanita’ il potere di autorizzare l’importazione di emoderivati pronti per l’impiego;
– la L. n. 178 del 1991, disciplinante (anche) le modalita’ di rilascio e revoca dell’autorizzazione ministeriale alla produzione, importazione e immissione in commercio delle specialita’ medicinali, con incisivi poteri ispettivi e di vigilanza del Ministero;
– il Decreto Ministeriale Sanita’ 12 giugno 1991, disciplinante l’autorizzazione ministeriale all’importazione di sangue e plasma derivati;
– il Decreto Legislativo n. 502 del 1992, che ha riordinato la normativa in materia sanitaria, ampliando le competenze delle Regioni e conservato al Ministero della sanita’ poteri di ingerenza e sostitutivi;
– il Decreto Legislativo n. 266 del 1993, che ha conservato al Ministero compiti e poteri di vigilanza in materia di sanita’ pubblica;
– il Decreto Legislativo n. 267 del 1993, che ha attribuito poteri di controllo e di vigilanza all’Istituto superiore di sanita’ a tutela della salute pubblica;
– il Decreto Legislativo n. 44 del 1997, che ha attribuito al Ministero della sanita’ poteri in tema di farmacosorveglianza;
– il Decreto Legislativo n. 449 del 1997, articolo 32, comma 11, attribuente al Ministero la vigilanza sull’attuazione del Piano sanitario nazionale;
– il Decreto Legislativo n. 112 del 1998, che nel conferire alle Regioni la generalita’ delle attribuzioni in materia di salute umana, ha lasciato invariato il riparto di competenza in materia di sangue umano e suoi componenti.
Orbene, gia’ in considerazione delle fonti sopra richiamate emerge un quadro alla stregua del quale risultano attribuiti al Ministero attivi poteri di vigilanza nella preparazione ed utilizzazione di emoderivati, e di controllo in ordine alla relativa sicurezza.
Si evince altresi’, e d’altro canto la giurisprudenza – anche di merito – da tempo ne ha dato diffusamente conto, come fosse gia’ ben noto sin dalla fine degli anni âEuroËœ60 – inizi anni âEuroËœ70 il rischio di trasmissione di epatite virale, la rilevazione (indiretta) dei virus essendo possibile gia’ mediante la determinazione delle transaminasi ALT ed il metodo dell’anti-HbcAg (cfr. Cass., 15/7/1987, n. 6241; Cass., 20/7/1993, n. 8069. In giurisprudenza di merito cfr. Trib. Milano, 19/11/1997; Trib. Roma, 14/6/2001), e che gia’ da tale epoca sussistevano obblighi normativi (L. n. 592 del 1967; Decreto del Presidente della Repubblica n. 1256 del 1971; L. n. 519 dei 1973; L. n. 833 del 1973) in ordine a controlli volti ad impedire la trasmissione di malattie mediante il sangue infetto.
Sin dalla meta’ degli anni 60 erano infatti esclusi dalla possibilita’ di donare il sangue coloro i cui valori delle transaminasi e delle GPT – indicatori della funzionalita’ epatica – fossero alterati rispetto ai limiti prescritti (cfr. Cass., 20/4/2010, n. 9315).
Come questa Corte ha gia’ avuto modo di osservare, lo stesso Ministero, ben a conoscenza del fenomeno, ha con circolari n. 1188 del 30 giugno 1971, 17 febbraio e 15 settembre 1972 disposto la ricerca sistematica dell’antigene Australia (cui fu dato poi il nome di antigene di superficie del virus dell’epatite B); e con circolare n. 68 del 1978 ha poi reso obbligatoria la ricerca della presenza dell’antigene dell’epatite B in ogni singolo campione di sangue o plasma.
Anche prima dell’entrata in vigore della L. 4 maggio 1990, n. 107, contenente la disciplina per le attivita’ trasfusionali e la produzione di emoderivati, sulla base della legislazione vigente in materia il Ministero della sanita’ era dunque tenuto ad attivita’ di controllo, direttiva e 4 vigilanza in materia di sangue umano. E l’omissione delle attivita’ funzionali alla realizzazione dello scopo per il quale l’ordinamento gli attribuisce il potere (nel caso concernente la tutela della salute pubblica) espone il Ministero a responsabilita’ extracontrattuale allorquando come nella specie dalla violazione del vincolo interno costituito dal dovere di vigilanza nell’interesse pubblico (il quale e’ strumentale ed accessorio a quel potere) derivi la violazione di interessi giuridicamente rilevanti dei cittadini-utenti (cfr. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 576).
Come questa Corte ha gia’ avuto modo di porre in rilievo, a fronte di tali obblighi normativi la discrezionalita’ amministrativa invero si arresta, e non puo’ essere invocata per giustificare le scelte operate nel peculiare settore della plasmaferesi.
Il dovere del Ministero della salute di vigilare attentamente sulla preparazione ed utilizzazione del sangue e degli emoderivati postula d’altro canto l’osservanza di un comportamento informato a diligenza particolarmente qualificata, specificamente in relazione all’impiego delle misure necessarie per verificarne la sicurezza, essendo esso tenuto ad evitare o ridurre i rischi a tali attivita’ connessi (cfr. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 581).
A tale stregua il comportamento omissivo o comunque non diligente del Ministero nei controlli e nell’assolvimento dei compiti affidatigli (ivi compresi quelli relativi all’attuazione del Piano sangue, previsto dalla L. n. 592 del 1967 e realizzato solo nel 1994) ridonda in termini di relativa responsabilita’.
La colpa della P.A. rimane al riguardo integrata in ragione della violazione dei comportamenti dovuti di vigilanza e controllo, imposti dalle fonti normative piu’ sopra richiamate, costituenti limiti esterni all’attivita’ discrezionale ed integranti la norma primaria del neminem laedere di cui all’articolo 2043 c.c. (cfr., in relazione ad altra fattispecie, Cass., 27/4/2011, n. 9404), in base alle quali essa e’ tenuta ad un comportamento di vigilanza sicurezza ed attivo controllo in ordine all’effettiva attuazione da parte delle strutture sanitarie addette al servizio di emotrasfusione di quanto loro prescritto al fine di prevenire ed impedire la trasmissione di malattie mediante il sangue infetto (cfr. Cass., 28/9/2009, n. 20765, e, da ultimo, Cass., 23/5/2011, n. 11301), non potendo considerarsi invero esaustiva delle incombenze alla medesima in materia attribuite la quand’anche assolta mera attivita’ di formazione (emanazione di decreti, circolari, ecc.).
Al mantenimento di tale condotta la P.A. e’ d’altro canto tenuta gia’ in base all’obbligo di buona fede o correttezza, generale principio di solidarieta’ sociale – che trova applicazione anche in tema di responsabilita’ extracontrattuale – in base al quale nei rapporti della vita di relazione il soggetto e’ tenuto a mantenere un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso nonche’ volto alla salvaguardia dell’utilita’ altrui – nei limiti dell’apprezzabile sacrificio, dalla cui violazione conseguono profili di responsabilita’ in ordine ai falsi affidamenti anche solo colposamente ingenerati nei terzi (cfr. Cass., 20/2/2006, n. 3651; Cass., 27/10/2006, n. 23273; Cass., 15/2/2007, 3462; Cass., n. 13/4/2007, n. 8826; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 30/10/2007, n. 22860; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056. Da ultimo cfr. Cass., 27/4/2011, n. 9404).
A tale stregua, in caso di concretizzazione del rischio che la regola violata tende a prevenire non puo’ prescindersi dalla considerazione del comportamento dovuto e della condotta nel singolo caso in concreto mantenuta, e il nesso di causalita’ che i danni conseguenti a quest’ultima astringe costituendone lo specifico risultato rimane invero presuntivamente provato (cfr. Cass., Sez. Un., 1111/2008, n. 584; Cass., Sez, Un., 11/1/2008, n. 582. E, da ultimo, Cass., 27/4/2011, n. 9404).
Al riguardo, vale ulteriormente osservare, nello specificare che il Ministero della salute risponde “anche per il contagio degli altri due virus” gia’ “a partire dalla data di conoscenza dell’epatite B”, trattandosi non gia’ di “eventi autonomi e diversi” ma solamente di “forme di manifestazioni patogene dello stesso evento lesivo dell’integrita’ fisica da virus veicolati dal sangue infetto”, le Sezioni Unite non hanno certamente inteso limitare la rilevanza del fenomeno e la relativa responsabilita’ alla “data di conoscenza dell’epatite B”.
Era stata invero la precedente Cass., 31/5/2005, n. 11609, ad affermare che fino a quando non erano conosciuti dalla scienza medica i virus della HBV, HIV ed HCV, e, quindi i test” di identificazione degli stessi, cioe’, rispettivamente fino al 1978, 1985 e 1988, ritenendo l’evento infettivo causato da detti virus per effetto di emotrasfusioni e assunzione di prodotti emoderivati inverosimile, e pertanto difettare il nesso causale fra la condotta omissiva del Ministero della Sanita’ – tenuto in base alla normativa previgente a quelle date a compiti di autorizzazione, direzione e sorveglianza sul settore dell’importazione del sangue e degli emoderivati – e tale evento, argomentando dal rilievo che in tema di illecito aquiliano colposo mediante omissione all’interno della serie causale puo’ darsi rilievo solo a quello che al momento in cui si verifica l’omissione appaia non del tutto inverosimile, tenuto conto della norma comportamentale imponente l’attivita’ omessa; ritenendo di dover a maggior ragione escludere la colpa del Ministero in presenza di evento imprevedibile, non potendo lo stesso Ministero conoscere la capacita’ infettiva dei detti virus prima ancora della comunita’ scientifica.
Superando tale impostazione le Sezioni Unite del 2008 hanno successivamente per converso sottolineato come si tratti di un “rischio che e’ antico quanto la necessita’ delle trasfusioni” (v. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 581), legittimando la conclusione – poi ripetutamente ribadita da questa Corte che il Ministero della salute (gia’ della sanita’) non puo’ non ritenersi tenuto, anche anteriormente alle sopra riportate date indicate da Cass., 31/5/2005, n. 11609, a controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni o per gli emoderivati fosse esente da virus e che i donatori non presentassero alterazione delle transaminasi (v. Cass.,, 29/8/2011, n. 17685; Cass., 23/1/2014, n. 1355; Cass., 12/12/2014, n. 26152; Cass., 4/2/2016, n. 2232; Cass., 31/10/2017, n. 25989; Cass., 13/7/2018, n. 18520; Cass., 20/4/2018, n. 29898).
Ne’ al risultato di delimitazione temporale della responsabilita’ del Ministero analogo a quello raggiunto dalla suindicata superata pronunzia Cass., 31/5/2005, n. 11609 puo’ invero altrimenti pervenirsi, come pure da questa Corte a volte sostenuto (v. Cass., 31/1/2013, n. 2250. V. altresi’ Cass., 19/12/2014, n. 26916; Cass., 22/1/2015, n. 1136), argomentando in particolare dalla verifica se al momento della effettuazione della emotrasfusione individuata come causa della malattia il virus dell’epatite C fosse gia’ conosciuto e qualificato come tale in particolare dall’Organizzazione Mondiale della Sanita’, dovendo altrimenti escludersi “la regolarita’ causale tra il mancato controllo del Ministero e l’infezione da epatite C per l’emotrasfusione subita”.
A parte la considerazione che anche l’evoluzione nel tempo del virus costituisce fenomeno in realta’ non imprevedibile ne’ (come poi confermato dai fatti) inevitabile (cfr. Cass., 14/3/2014, n. 5954), vale al riguardo osservare che alla suindicata attivita’ di vigilanza e controllo nell’interesse pubblico il Ministero della salute (gia’ della sanita’) e’ invero tenuto – come sopra osservato – gia’ alla stregua di obblighi di fonte codicistica, prima ancora che in adempimento degli obblighi specifici posti da una pluralita’ di fonti normative speciali risalenti addirittura al 1958, atteso che gia’ la L. n. 296 del 1958, articolo 1, attribuisce al Ministero il compito di provvedere alla tutela della salute pubblica, di sovrintendere ai servizi sanitari svolti dalle amministrazioni autonome dello Stato e dagli enti pubblici, provvedendo anche al relativo coordinamento, nonche’ ad emanare, per la tutela della salute pubblica, istruzioni obbligatorie per tutte le amministrazioni pubbliche che provvedono a servizi sanitari (cfr. al riguardo, da ultimo, Cass., 23/1/2014, n. 1355; e gia’ Cass., 29/8/2011, n. 17685; Ca3s., Sez. Un., 11/1/2008, n. 581).
A tale stregua, la trasmissione del virus resa possibile dalla condotta colposa di chi tale evenienza era chiamata ad impedire comporta doversi ritenere al medesimo causalmente ascrivibile la malattia che da quel virus si sviluppi, anche in conseguenza della relativa evoluzione o mutazione, tale evento costituendo integrazione del rischio specifico che la regola violata tende(va) ad evitare, sicche’ il responsabile deve considerarsi tenuto a rispondere di tutte le conseguenze che dalla sua condotta – commissiva od omissiva – derivino, senza che limitazioni possano al riguardo farsi discendere nemmeno dai criteri della prevedibilita’ ed evitabilita’, i quali piuttosto che avuto in ordine al profilo della causalita’ assumono in realta’ rilievo ai fini della qualificazione in termini di colposita’ o meno della condotta nello specifico caso concreto posta in essere dal soggetto tenuto a mantenerla.
Non puo’ pertanto non ritenersi il Ministero della salute tenuto, anche anteriormente alle sopra riportate date indicate da Cass., 31/5/2005, n. 11609, a controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni o per gli emoderivati fosse esente da virus e che i donatori non presentassero alterazione delle transaminasi, in adempimento di obblighi specifici posti dalle fonti normative speciali piu’ sopra indicate (v. Cass., 29/8/2011, n. 17685; Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 581; Cass., 27/4/2011, n. 9404; Cass., 29/8/2011, n. 17685; Cass., 23/1/2014, n. 1355; Cass., 12/12/2014, n. 26152; Cass., 4/2/2016, n. 2232; Cass., 31/10/2017, n. 25989).